La doppia vita di Musci – da Repubblica sera
Chi frequenta con soddisfazione i gatti sa che valutare in autonomia le opportunità è una caratteristica che non li rende meno affettuosi o sensibili. La vita di colonia cui essi socialmente appartengono prevede infatti un equilibrio fra individui che non ha niente di sistematico, ma si compie attraverso libere valutazioni. Il gatto non vede perché obbedire, semmai comprende il rischio di un’azione che lo metterà in pericolo e decide per sé, senza con questo rinnegare quanto ha a cuore.
Certo, per capirli a fondo bisogna essere un po’ spregiudicati e aperti, proprio come loro. Musci per esempio, gattina tigrata, rappresentò a lungo un enigma per il suo proprietario, un professore romano. Il docente abitava in un appartamento con giardino; finché la micia era piccola tutto sembrò nella norma, ma quando divenne adulta egli notò atteggiamenti misteriosi. Nei giorni feriali infatti Musci rifiutava il pasto del mattino e mostrava gran fretta di uscire. Poiché il professore si recava all’università, era sua moglie a riferirgli che la gatta scompariva e si riaffacciava verso mezzogiorno. Quindi di nuovo se ne andava per tornare la sera; allora cenava con soddisfazione e dormiva in casa. Nel fine settimana però, sorprendentemente, non si allontanava di un passo.
Un’estate il docente va in vacanza e incarica un amico fidato di accudire Musci. Questi però un giorno non la trova. Disperazione generale, anche perché, improvvidamente, la gatta non è ancora sterilizzata. La famiglia rientra di corsa, ma due giorni dopo Musci si ripresenta. Sembra di pessimo umore e ha una cicatrice sull’addome. Non ha la punta dell’orecchio tagliata, come si fa ai randagi delle colonie per indicare che sono stati sterilizzati, eppure sembra proprio che qualcuno abbia provveduto in questo senso.
Con l’autunno riprende la routine e la gatta non accenna a modificare i propri costumi. Un giorno, per mandare un fax, il professore si reca in un ufficio lì accanto. Ci sono un paio di impiegati, una signorina gentile seduta a una scrivania, e accanto a lei, comodamente accoccolata in una poltroncina, sonnecchia Musci!
Sbalordito, si china su di lei. “Cosa fa?” chiede la donna. “Accarezzo il mio gatto” risponde. “Il suo gatto? Questo è il nostro gatto, di tutto l’ufficio! L’abbiamo trovata sul terrazzo, è da allora che ce ne occupiamo: le diamo da mangiare, l’abbiamo fatta operare.”
Non è facile, per il docente e gli impiegati, convincersi della doppia vita di Musci, ma alla fine la questione si conclude salomonicamente, col rimborso della sterilizzazione e senza interferire nei gusti della bigama, che imperterrita prosegue nella sua condotta. Finché un giorno l’ufficio trasloca e in quell’appartamento va ad abitare una famiglia con bambini. Subito il professore si reca ad avvisarli e loro si mostrano comprensivi. Ma a Musci quella confusione non piace affatto, ormai ha una certa età, e lasciandosi alle spalle i beati anni del ritmo impiegatizio se ne rimane a casa sua.