La fedeltà dei gibboni e le strategie dei maschi – da Repubblica sera
Benché uno studio ventennale condotto nel Parco Nazionale di Khao Yai, la piu’ grande riserva naturale thailandese, 250 chilometri a nord est di Bangkok, abbia rivelato l’anno scorso che anche fra le indissolubili coppie di gibboni può verificarsi qualche piccola (e mal sopportata) infedeltà, questa scimmia rimane all’apparenza l’unico esempio di monogamia fra i primati, e uno dei pochi fra i mammiferi. Infatti, si tende a pensare che la completa autonomia della femmina nella fase della gestazione e anche in quella successiva – libera di spostarsi, procacciarsi il cibo da sé, allevare i piccoli – non renda necessaria la formazione di coppie stabili. Più frequenti, queste ultime, fra gli uccelli, che condividono la costruzione del nido, si spartiscono i compiti durante la cova. L’affiatamento durante tali imprese, cui in certi casi si aggiunge pure la grande avventura della migrazione, può creare coppie per la vita, per esempio fra i cigni, le cicogne, i cavalieri d’Italia, i falchi pellegrini. Naturalmente, la fedeltà sessuale prescinde del tutto dall’amore, dalle affinità, dai legami che gli individui delle varie specie allacciano l’un l’altro, all’interno di gruppi, famiglie, oppure nelle relazioni dettate dalla reciproca simpatia e che noi spesso giudichiamo, sottovalutiamo attraverso un solo, ristretto parametro, il nostro.
D’altro canto, l’osservazione dei fatti naturali ci fornisce molte risposte, ma non tutto si spiega poi sempre attraverso la lente della scienza. Ad esempio, fra i primati – gli animali a cui siamo più strettamente imparentati – condividiamo con gli scimpanzè più del 98% della composizione del nostro DNA, ma il 90% ci lega ai topi e il 21% persino ai vermi – anche le dimensioni dei testicoli cambiano a seconda delle necessità. Lo scimpanzé bonobo, altrimenti detto scimpanzé pigmeo, li ha notevolmente sviluppati: anziché alla lotta con gli altri maschi, questa scimmia antropomorfa affida tutta la sua strategia riproduttiva alla distribuzione del seme. Perciò lesto il bonobo si accoppia con quante più femmine gli riesca (a quanto è stato più volte riscontrato, anche per ragioni ricreative) e la competizione per chi debba prevalere avviene fra spermatozoi. Il forte gorilla, al contrario, ha testicoli piccoli. Una volta conquistata, combattendo con gli altri maschi, la condizione di poter disporre delle femmine, egli può prendersela comoda, certo che nessuno verrà a disturbarlo. Il gorilla non ha quindi bisogno di portarsi dietro un serbatoio riproduttivo particolarmente rifornito. Se il maschio di questa specie è molto più grande e robusto della femmina, il cugino uomo non risente di una sproporzione tanto evidente, ma ha i testicoli, in proporzione, dieci volte più piccoli di quelli di uno scimpanzè. In compenso, l’uomo vanta il pene più lungo: tredici centimetri di media contro gli otto dei primati, tuttavia nemmeno la scienza è mai riuscita a giustificare appieno l’utilità del record. La stessa erezione umana infatti è macchinosa, fallace; avviene attraverso un complesso sistema a pompa, mentre le scimmie, quando ne hanno bisogno, si limitano a muovere un muscolo e alzare un osso. Alcuni antropologi leggono la differenza in chiave di sensualità, condivisione delle esperienze, altri studiosi ritengono che il membro umano, vistoso ma poco pratico, avesse all’origine perlopiù una funzione di richiamo della femmina, come la ruota del pavone.